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Filippo Paulucci

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In concomitanza con un concerto del pianista Giuseppe Andaloro, mercoledì 11 marzo 2008 è stata presentata a Riga la traduzione lettone del libro “L’italiano che governò Riga” di Maurizio Lo Re.
Domanda: Chi è stato realmente Filippo Paulucci, lo straniero mandato dallo zar Alessandro I a costruire le case e i giardini di Riga, l’amante della bellezza pura, il liberatore del popolo lettone dalla servitù della gleba?
Risposta: Un cosmopolita avventuroso e irrequieto, a volte malinconico, ma sempre pronto ad accogliere nuove sfide, come quando nel 1830 rimpatriò in Italia per divenire governatore di Genova.
Le vicende rocambolesche del marchese Filippo Paulucci hanno attraversato la storia d’Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Giovanissimo insorto antifrancese a Modena, sua città natale, comandante della fortezza di Cattaro in Dalmazia per le truppe austriache, comandante in capo per le forze militari russe, in Georgia, governatore di Riga. Queste sono solo alcune tappe di una vicenda umana a tratti principesca e a tratti picaresca.
Lo Re ha scritto il suo libro privilegiando gli anni dal 1812 al 1829, anni di importanza fondamentale per la nascita di una società moderna e consapevole dei propri diritti in Lettonia,
allorchè il marchese italiano fu governatore di Riga, tracciando un affresco storico e delineando un ritratto psicologico di Filippo Paulucci.
La narrazione si basa su documenti storici ed è ricca di suggestioni letterarie, avvolte in un suadente patina ottocentesca.

Maurizio Lo Re è stato Ministro Plenipotenziario destinato a Riga in Lettonia, come capo della Rappresentanza Diplomatica italiana, nel luglio 2000. Ha soggiornato a Riga fino all’ottobre 2004. La casa editrice lettone Tapas ha pubblicato un suo romanzo storico in lingua italiana sulle vicende della frontiera orientale italiana nel 900, intitolato “Collina della memoria”.

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marzo 18th, 2008 at 10:06 pm

Vija Spekke

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VIJA SPEKKE assume notorietà artistica in Italia a partire dal 1982, dopo una esposizione personale al Latvian Centre di Washington nel 1977.
Nasce a Riga nel 1921 da Arnolds Spekke (1887-1972), storico e docente universitario, linguista e scrittore, autore di studi sul Cervantes e sull’Ariosto e di un libro sui rapporti degli umanisti di Riga con gli autori del Rinascimento italiano, creatore di un gruppo di “romanisti” comprendente anche Laima Akuraters traduttrice del Petrarca e Veronika Strelerte traduttrice de “La vita” di Benvenuto Cellini.
E’ anche nipote di Edvarts Wirza nato Edvarts Liekna (1883-1940), il maggior poeta moderno in lingua lettone, studioso della letteratura russa e di quella francese: sposato dal 1920 alla poetessa Elza Sterste (1885-1976) traduttrice di opere francesi in lettone e viceversa.
Nel 1933 giunge in Italia con la famiglia, poiché suo padre è stato nominato Ambasciatore della Repubblica di Lettonia per l’Italia, la Grecia, la Bulgaria e l’Albania. Dà inizio ai suoi studi artistici presso l’Accademia Reale di Belle Arti a Roma.
Nel 1940, a seguito dell’occupazione russa della Lettonia, si stabilisce in Inghilterra col marito Michael Fyfe. A Londra completa e conclude i suoi studi artistici presso la Ruskin School di Oxford. Anche suo padre si stabilisce a Londra.
Nel 1952 si stabilisce a Verona nella Villa Valverde, residenza aristocratica cinquecentesca nella piana di Montorio, proprietà del conte Orazio da Sacco (1904-1977), suo secondo marito.
A Verona segue i corsi dell’Accademia Cignaroli (pittura, scultura, incisione, litografia). Contemporaneamente frequenta anche i corsi di serigrafia e litografia della Scuola Internazionale di Grafica a Venezia.
Ha tradotto in italiano per la casa editrice Rizzoli “Pensieri Incompleti” di Mara Zalite, scrittrice lettone
Vive e abita a Verona: quando soggiorna a Riga abita nella città vecchia.
GIUDIZIO CRITICO- Gli approcci esegetici alla opere di Vija Spekke, eseguiti dagli Autori dei testi che costituiscono la sua bibliografia, hanno generato pregevoli esercizi di scrittura letteraria e di analisi psicologica (anche psicanalitica). Una specifica e attenta analisi estetologica, perciò, non è stata ancora effettuata. Gioverà, quindi, prima di continuare a scrivere il mio testo , “tematizzare” come segue in corsivo: Figuratività evocata e allusiva – Classicismo fantasmatico lettonizzato – Immaginazione tardoromantica e simbolista di estrazione nord-europea – Romanticismo visionario.
Tale “tematizzazione” la considero indispensabile: sapendo che la pittrice di origine lettone opera in sintonia con testi poetici di Autori Illustri (Jorge Luis Borges, più di altri), e sapendo abbastanza della cultura e della intelligenza che sono presenti nei suoi dipinti. Pérchè durante la sua lunga esistenza, che ha raggiunto e superato agevolmente l’ottuagenarietà, cultura e intelligenza sono state presenti a cominciare dal giorno della sua nascita: avendo avuto per genitore il più noto e apprezzato degli storici nazionali lettoni (Arnolds Spekke) e per zio il più considerato dei poeti lettoni (Edvarts Virza).
E’ stato scritto che per la Spekke “…dipingere significa certamente amare ancora, secondo una felice definizione di Henry Miller”. Presupponendola votata definitivamente all’arte pittorica nel momento in cui si è resa consapevole di non avere chi o che cosa amare. La mia opinione è che la Spekke si sia concessa anima e corpo alla pittura tardivamente, dopo averla ambita e lungamente meditata come opzione vitale definitiva. Ragion per cui il dipingere lo ha privilegiato come “fare” totale e totalizzante, supportato da attente letture di testi poetici, per la comunicazione delle proprie emozioni, per la raffigurazione dei propri incantamenti e dei propri sogni (sia a occhi chiusi che a occhi aperti!), e per exprimere poesia: perché, alla resa dei conti esistenziali, il bilancio personale risultasse contrassegnato da qualche “ segno più”.
Sono tante le citazioni iconiche e formali, sia esplicite che implicite, totali o in frammenti, nei suoi dipinti: perché è tanta la conoscenza artistica e letteraria acquisita, elaborata e metabolizzata.
Scritto ciò, è possibile ora analizzare le opere che costituiscono il suo “corpus artistico”, scrivendo che non si è mai autoraffigurata, perché non ha mai nutrito il culto di sé e delle proprie fattezze, né ha mai raffigurato fattezze amicali o famigliari, così come non ha mai riprodotto il reale o il riconoscibile come realtà. Per raffigurare, invece, il desiderio e il sogno, connotandoli con segni, materia cartacea e cromie, dando consistenza alla trasparenza e alla leggerezza: la stessa trasparenza e la stessa leggerezza dell’ambra che lascia intravedere reperti inglobati del mondo animale e vegetale. Poiché l’ambra, come ho già scritto, può essere adottata come metafora “materica” per illustrare e spiegare un artista lettone: sia questo pittore, scrittore, musicista, altro.

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marzo 6th, 2008 at 10:41 pm

Ilze Jaunberga

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Born: 16 february 1978 Riga-LV

EDUCATION
2005 – Art Academy of Latvia, MA in Painting
2002 – Art Academy of Latvia – BA in Graphic Arts.
1998 – Riga College of Design and Art.

LANGUAGES
Fluent in English and Italian, native Latvian, basic knowledge French and Russian.

ONE-MAN EXHIBITIONS
2008 – Storico Caffè Letterario “Giubbe Rosse ” – Firenze (2-22 febbraio)
2007 – Palazzo Priuli-Bon in San Stae – Venezia (giugno/ novembre)
2006 – Galleria La Meridiana – Verona (ottobre)
Istituto di Cultura Germanica – Bologna (giugno)
Collegio Raffaello – Urbino (maggio)
2005 – Accademia di Belle Arti – Macerata (dicembre)
Casa Natale di Raffaello – Urbino (agosto)
Club House Golf Club – Bologna (luglio)
Hall e Living Room Hotel Principe – Venezia (giugno)
Centro Culturale “A.Moro” – Cordenons/Pordenone (marzo)
2004 – Teatro Comunale – Ripe S.G./Macerata (luglio)

GROUP EXHIBITIONS
2007 – Asta Semenzato/Finarte 1381 – Venezia (ottobre)
Asta Semenzato/Finarte n.1373 – Venezia (maggio)
“Cagliari/Napoli,diario di bordo” – Casina Pompeiana Napoli (gennaio – febbraio)
Asta Semenzato/Finarte n.1362 – Venezia (gennaio)
2006 – “Cagliari/Napoli, diario di bordo” – Cittadella dei Musei Cagliari (settembre – ottobre)
Casa Mesina Olzai /Nuoro (dicembre)
Asta Semenzato/Finarte n.1349 – Venezia (ottobre)
“Simposio d’Arte Contemporanea” – Bose Marina/Oristano (agosto/settembre)
Arte Lettone Contemporanea – Collegio Raffaello Urbino (maggio)
“Priapeide” – Compagnia de Calza /Carnevale di Venezia (febbraio)
“Tra i colori del carnevale” – Tempio Pausania/Sassari (febbraio)
2005 – Sala Delegazione Comunale – Cannigione Arzachena/Sassari (agosto)
Asta Sotheby’s pro Sabera Foundation – Milano (luglio)
Hall Hotel Arcadia – Venezia (giugno)
Small Bob Cafè – Cagliari (febbraio)
2004 – Torre Aragonese – Ghilarza/Oristano (settembre)
Fumi cotti – Ripe S.G:/Macerata (settembre)
Vernice art-fair – Forlì (marzo)
2002 / 2001 Exhibitions of student works – Riga
Face oh Graphic Art – Riga
2000 – Contemporary Art of Riga – Riga

AWARDS
Targa “Vernice art-fair 2004″ – Forlì (marzo 2004)
Coppa Speciale del “Consorzio Monti Azzurri” – Ripe S.G./Macerata (luglio 2004)
Targa Speciale della Municipalità di Cordenons/Pordenone (marzo 2005)
Distintivo del Console Onorario di Lettonia per l’Emilia-Romagna (luglio 2005)

LITERATURE CRITIQUE
Enzo Rossi-Ròiss, Silvio Craia, Paolo Venti, Peter Van Der Glossen, Giuseppe Bosich, David Russel, Paolo Sirena, Jacques Gubler, Juan-Cosè Ruiz-Puyg, Floriano De Santi, Luca Colferai, Roberto Bianchin, L’Altrange, Antonio Fabi, Stefano Troiani, Vera Meneguzzo, Alain-Pierre Pillet, Fiorenzo Smalzi, Sole Buzzi.

REFERENCE: www.italo-baltica.it / www.iantichi.org / www.medianaonis.it/baltici/jaunberga.htm / www.web.artprice.com / www.arsvalue.com / www.askart.com / www.giubberosse.it / www.rigabusiness.com

MAGAZINE WEB
Exibart – Pressrelease – Teknemedia – Artefaq – Livingstoone – Lampisterie.Ilcannocchiale – Okarte-

GIUDIZIO CRITICO – L’Italia “pictata” in Latvia da Ilze Jaunberga è una Italia trattenuta dall’artista lettone nella sua memoria personale di soggiorni memorabili, successivamente elaborata e fantasmata con rigore, pervasa da suggestioni impresse nella propria sensibilità: suggestioni che hanno inconsapevolmente orientato il percorso creativo. A nessuno venga in mente, perciò, di considerare bozzettismo il non finito che connota ogni suo dipinto, poiché il linguaggio pittorico che lo esplica è rigorosamente articolato ed essenziale.
Ilze Jaunberga crea in Lettonia le opere che espone in Italia seguendo ineffabili urgenze interiori. Per evocare emozioni, stupori, malumori e incantamenti, scaturigine di esplorazioni dei luoghi italiani nei quali ha soggiornato. La sua percezione di ogni location raffigurata è inequivocabilmente narrativa ed evocativa di atmosfere diverse, perché iconizza la memoria di soggiorni goduti in concomitanza con le sue già numerose esposizioni personali e con eventi collettivi straordinari (il Carnevale e la Biennale d’Arte Internazionale a Venezia, per es.). Tanto che la sua non è una pittura di genere gustosa, e non è possibile attribuirle intenzioni illustrative, poiché con nessuna delle sue opere illustra alcunché di indiscutibilmente reale. Anche perchè dipinge confrontandosi con esempi che non imita, pur adottandoli come referenti, per saggiare le proprie originali facoltà creative.
Alternativo al vero degli illustratori, il suo è un “vero” misterioso che qualifica e legittima la sua operosità artistica. In modo tale che la realtà dipinta sulle sue tele ci risulta trasfigurata in un affascinante mondo di forme nuove, scevro di eloquenza iconica manieristica e di ogni piacevolezza ornativa.

Written by rossiroiss

marzo 1st, 2008 at 8:31 pm

Vija Spekke

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VIJA SPEKKE assume notorietà artistica in Italia a partire dal 1982, dopo una esposizione personale al Latvian Centre di Washington nel 1977.

Nasce a Riga nel 1921 da Arnolds Spekke (1887-1972), storico e docente universitario, linguista e scrittore, autore di studi sul Cervantes e sull’Ariosto e di un libro sui rapporti degli umanisti di Riga con gli autori del Rinascimento italiano, creatore di un gruppo di “romanisti” comprendente anche Laima Akuraters traduttrice del Petrarca e Veronika Strelerte traduttrice de “La vita” di Benvenuto Cellini.

E’ anche nipote di Edvarts Wirza nato Edvarts Liekna (1883-1940), il maggior poeta moderno in lingua lettone, studioso della letteratura russa e di quella francese: sposato dal 1920 alla poetessa Elza Sterste (1885-1976) traduttrice di opere francesi in lettone e viceversa.

Nel 1933 giunge in Italia con la famiglia, poiché suo padre è stato nominato Ambasciatore della Repubblica di Lettonia per l’Italia, la Grecia, la Bulgaria e l’Albania. Dà inizio ai suoi studi artistici presso l’Accademia Reale di Belle Arti a Roma.

Nel 1940, a seguito dell’occupazione russa della Lettonia, si stabilisce in Inghilterra col marito Michael Fyfe. A Londra completa e conclude i suoi studi artistici presso la Ruskin School di Oxford. Anche suo padre si stabilisce a Londra.

Nel 1952 si stabilisce a Verona nella Villa Valverde, residenza aristocratica cinquecentesca nella piana di Montorio, proprietà del conte Orazio da Sacco (1904-1977), suo secondo marito.

A Verona segue i corsi dell’Accademia Cignaroli (pittura, scultura, incisione, litografia). Contemporaneamente frequenta anche i corsi di serigrafia e litografia della Scuola Internazionale di Grafica a Venezia.

Ha tradotto in italiano per la casa editrice Rizzoli “Pensieri Incompleti” di Mara Zalite, scrittrice lettone.

Vive e abita a Verona: quando soggiorna a Riga abita nella città vecchia.

GIUDIZIO CRITICO- Gli approcci esegetici alla opere di Vija Spekke, eseguiti dagli Autori dei testi che costituiscono la sua bibliografia, hanno generato pregevoli esercizi di scrittura letteraria e di analisi psicologica (anche psicanalitica). Una specifica e attenta analisi estetologica, perciò, non è stata ancora effettuata. Gioverà, quindi, prima di continuare a scrivere il mio testo , “tematizzare” come segue in corsivo: Figuratività evocata e allusiva – Classicismo fantasmatico lettonizzato – Immaginazione tardoromantica e simbolista di estrazione nord-europea – Romanticismo visionario.

Tale “tematizzazione” la considero indispensabile: sapendo che la pittrice di origine lettone opera in sintonia con testi poetici di Autori Illustri (Jorge Luis Borges, più di altri), e sapendo abbastanza della cultura e della intelligenza che sono presenti nei suoi dipinti. Pérchè durante la sua lunga esistenza, che ha raggiunto e superato agevolmente l’ottuagenarietà, cultura e intelligenza sono state presenti a cominciare dal giorno della sua nascita: avendo avuto per genitore il più noto e apprezzato degli storici nazionali lettoni (Arnolds Spekke) e per zio il più considerato dei poeti lettoni (Edvarts Virza).

E’ stato scritto che per la Spekke “…dipingere significa certamente amare ancora, secondo una felice definizione di Henry Miller”. Presupponendola votata definitivamente all’arte pittorica nel momento in cui si è resa consapevole di non avere chi o che cosa amare. La mia opinione è che la Spekke si sia concessa anima e corpo alla pittura tardivamente, dopo averla ambita e lungamente meditata come opzione vitale definitiva. Ragion per cui il dipingere lo ha privilegiato come “fare” totale e totalizzante, supportato da attente letture di testi poetici, per la comunicazione delle proprie emozioni, per la raffigurazione dei propri incantamenti e dei propri sogni (sia a occhi chiusi che a occhi aperti!), e per exprimere poesia: perché, alla resa dei conti esistenziali, il bilancio personale risultasse contrassegnato da qualche “ segno più”.

Sono tante le citazioni iconiche e formali, sia esplicite che implicite, totali o in frammenti, nei suoi dipinti: perché è tanta la conoscenza artistica e letteraria acquisita, elaborata e metabolizzata.

Scritto ciò, è possibile ora analizzare le opere che costituiscono il suo “corpus artistico”, scrivendo che non si è mai autoraffigurata, perché non ha mai nutrito il culto di sé e delle proprie fattezze, né ha mai raffigurato fattezze amicali o famigliari, così come non ha mai riprodotto il reale o il riconoscibile come realtà. Per raffigurare, invece, il desiderio e il sogno, connotandoli con segni, materia cartacea e cromie, dando consistenza alla trasparenza e alla leggerezza: la stessa trasparenza e la stessa leggerezza dell’ambra che lascia intravedere reperti inglobati del mondo animale e vegetale. Poiché l’ambra, come ho già scritto, può essere adottata come metafora “materica” per illustrare e spiegare un artista lettone: sia questo pittore, scrittore, musicista, altro

Written by rossiroiss

febbraio 27th, 2008 at 8:01 pm

Edita Walterowna

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NATA IN LETTONIA NOTA IN ITALIA

LETTONIA 005   LETTONIA 006

LA WALTEROWNA, proveniente dalla Lettonia, sconosciuta e senza alcuna esperienza espositiva all’attivo, neanche del tipo collettivo, assume notorietà artistica in Italia come Edita Broglio.
Nasce Edita Walterowna von Zur Muehlen il 26 novembre 1886 a Smiltene, nella Lettonia orientale (Livonia). Il padre Walter è di origine prussiana e appartiene alla classe feudale dei Baroni Baltici. La madre Blanchine Sivers appartiene a una famiglia di commercianti francesi, insediatisi a Riga da gran tempo.
Nel 1899 rimane orfana della madre. Lo zio barone Raimund von Zur Muehlen (1855-1931), cantante alla corte dello Zar e dell’imperatore prussiano, favorisce la sua formazione artistica.
Allorchè scoppia la prima rivoluzione nel 1905, abbandona avventurosamente la Lettonia e raggiunge col padre e lo zio la Prussia orientale: successivaemnte si reca in Polonia e poi a Berlino, dove lavora come infermiera all’Ospedale della Carità.
Nel 1908 (ventiduenne) si stabilisce a Konigsberg (l’attuale Kalinigrad), la città di Emmanuel Kant, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti fino al 1910. Nello stesso anno si reca per la prima volta a Parigi, dove frequenta gli ateliers di alcuni artisti. Visita Rouen, la città nella quale fu arsa viva Giovanna D’Arco.
Nel 1911 arriva per la prima volta in Italia, soggiorna brevemente a Firenze e Roma..
Nel 1912 (ventiseienne) torna in Italia e si stabilisce definitivamente a Roma. Olga Resenvic-Signorelli, traduttrice di romanzi russi, la introduce e accredita nel “milieu” artistico internazionale della capitale italiana, dove conosce, tra gli altri, anche lo scultore Angelo Zanelli, già marito della pittrice lettone Elisabeth Kaehlbrandt.
Nel 1913 ha inizio la sua attività espositiva: partecipa con due opere alla Prima Esposizione Internazionale d’Arte della “Secessione”, allestita nelle sale del Palazzo delle Esposizioni a Roma.
Nel 1914 muore il barone Walter von Zur Muehlen, suo padre, nato nel 1855. Si reca a Smiltene in Lettonia per sistemare la tomba di famiglia. Non vi farà mai più ritorno. L’Italia sarà la sua nuova patria fino alla fine dei suoi giorni. Morirà ultranovantenne.
Nel 1917 (trentaduenne) incontra Enrico Mario Broglio, scrittore e pittore ventinovenne destinato a diventare anche editore della rivista “Valori Plastici” e organizzatore di mostre d’arte. Ha inizio un rapporto di coppia e un sodalizio intellettuale e artistico che lascerà tracce bibliografiche (e non solo) indelebili nel dibattito delle idee e dell’artisticità dell’epoca. Decide di firmare “Edita Broglio” i suoi dipinti e comincia a esporli confrontandosi in numerosissime occasioni con gli artisti italiani più celebrati del momento.
Tra il 1918 e il 1921 collabora alla pubblicazione di 15 fascicoli della rivista “Valori Plastici”.
Nel 1927 sposa il Broglio, destinandosi a sopravvivergli, nominata sua erede universale nel 1946.
Enrico Mario Broglio muore il 22 dicembre 1948. Edita trascorre il primo periodo della vedovanza a San Michele di Moriano in provincia di Lucca (Toscana) fino al 1955, anno in cui si trasferisce a Roma., dove mantiene in vita per alcuni anni le edizioni Valori Plastici.
Nel 1974 (quasi novantenne) si lascia persuadere a mettere ordine nell’archivio di Valori Plastici, collaborante il poeta e pittore Georges de Canino. Muore a Roma il 19 gennaio 1977, giorno di San Mario. E’ sepolta nella Chiesa Ortodossa del cimitero acattolico per gli stranieri al Testaccio.

GIUDIZIO CRITICO- Le sue prime opere sono caratterizzate da una perfezione accademica di scuola d’ambito tedesco, con evidenti tracce della pittura fauve.
In Italia ha dipinto per svelare il cosiddetto “segreto degli antichi”, senza intenzioni restaurative e di revival della tradizione o rivalsa sull’avanguardismo: impegnata nella elaborazione della propria poetica, “…mantenendosi in una personale equidistanza tra le valenze inquietanti di De Chirico, quelle ironiche di Savinio e quelle arcaizzanti di Carrà”.
Ha ridipinto opere già dipinte: il medesimo soggetto in un diverso ambiente, con diversa luce, diverse cromie, diverse intenzioni esegetiche. Ha completato opere lasciate incompiute dal marito, ha retrodatato ingannevolmente opere personali, molte non le ha datate disordinando la cronologia esecutiva di tutto il suo “corpus” artistico.
Proveniente dalla lontana periferia baltica dell’impero russo, la Lettonia “terra di uri e di ambra”, di laghi e di vento, ha conservato (o preservato!) il temperamento originario fino alla fine della sua vita. Tanto che un critico d’arte italiano ha scritto: “non è artista nostrana”. Perché un certo atavismo culturale prussiano russificato, mai rimosso dal profondo del suo inconscio, l’ha continuamente determinata nella elaborazione delle soluzioni formali, iconiche e cromatiche più ricorrenti nei suoi dipinti, durante la sua lunghissima e ininterrotta permanenza in Italia.
Come già scritto per la Kaehlbrandt, anche per la Walterowna, ricognomatasi Broglio, è possibile (opportuno) scrivere che ha dipinto opere meno apprezzate dalla critica d’arte, dopo essere rimasta vedova nel 1948.

Written by rossiroiss

febbraio 27th, 2008 at 7:59 pm

Elisabeth Kaehlbrandt

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NATA IN LETTONIA NOTA IN ITALIA

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ELISABETH KAEHLBRANDT assume notorietà artistica in Italia, proveniente dalla Lettonia dove ha avuto una sola esperienza espositiva.
Nasce a Riga il 27 settembre 1880, seconda di tre figli. Il padre Alexander è un avvocato di successo, membro della classe altoborghese. La madre Emma Schmidt è di origine e cultura alto-borghese tedesca. La sua casa è in Jacobstrasse di fronte alla Piazza del Castello (SchlossPlatz), poco lontana dalla borsa. Il nonno paterno Bernahard Jacob è membro del Corpo Diplomatico, ex console per la Russia in Portogallo e console per il Portogallo a Riga, successivamente.
Nel 1898 comincia a frequentare a Riga la scuola di disegno Jungsche Zeichenschule diretta dal Prof. Friedrich Moritz (1866-1906).
Nel 1901 completa gli studi a Riga, conseguendo il diploma, e si iscrive all’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, dove frequenta i corsi del Prof. Kostantin Makowsky.
Nel 1902 soggiorna a Monaco di Baviera, dove studia pittura alla scuola dell’ungherese Simon Holloshy (1857-1918).
Nel 1903 soggiorna a Semmering in Austria, poi si reca in Olanda dove dipinge ritratti e paesaggi.
Nel 1904 espone per la prima volta a Riga al Kunstler Salon, in una mostra collettiva degli allievi della Jungsche Zeichenschule.
Nel 1905 si reca a Parigi per la prima volta, dove conosce la scultrice russa Anna Popova e la pittrice Hannah von Nathusius. Nella capitale francese frequenta gli ateliers di alcuni artisti.
Nel 1906 si reca in Austria, dove insegna pittura ad alcune principesse nel castello di Ernstbrunn del principe Reuss, molto apprezzata dalla Regina Eleonora di Bulgaria nata Reuss.
Nel 1907 torna a Riga per una esposizione personale al Kunstler Verein. Si reca nuovamente a Parigi per un breve soggiorno. Poi insegna pittura in Germania nelle residenze castellane dei conti Witzleben e Jannowits a Neuopp, del conte Stolliberg in Slesia e nuovamente presso il principe Reuss.
Nel 1908 realizza il sogno di un viaggio in Italia. Vi giunge con la sorella Heddy, soggiornando prima a Venezia e poi a Roma, dove conosce lo scultore Angelo Zanelli (1879-1942), impegnato a realizzare alcune sculture per l’Altare della Patria, monumento al Milite Ignoto.
Nel 1909 si trasferisce definitivamente in Italia, dopo avere sposato lo scultore italiano a Riga, nella chiesa di San Pietro, celebrante lo zio Emil, pastore evangelico, che sarà nominato pastore capo della stessa chiesa nel 1919.
Tra il 1910 e il 1913 nascono i figli Alessandro e Maddalena.
Nel 1913 comincia a trascorrere il periodo della villeggiatura estiva a Anticoli Corrado, una località collinare laziale frequentata da numerosi artisti in buoni rapporti col marito Angelo Zanelli. Dipinge con impegno sempre più crescente.
Nel 1920 espone un’opera nel Padiglione della Russia, in occasione della XII Biennale Internazionale d’Arte a Venezia (ved.pag.139 del cat.). Durante gli anni successivi espone alla Biennale Romana.
Nel 1929 allestisce la sua prima mostra personale a Amsterdam.
Nel 1942 muore il marito Angelo Zanelli. La guerra in atto la disagia notevolmente. Ha inizio il periodo della sua lunga vedovanza, durante il quale dipinge raffigurazioni evangeliche . Espone in rare occasioni.
Nel 1970 muore (novantenne) a Bergamo, città nella quale si è trasferita da Roma nel 1958. Sepolta a Salò sul Lago di Garda, sarà traslata nel 1982 a Roma e collocata nel Famedio del Verano dove è sepolto il marito. La figlia Maddalena (ultranovantenne) vive e abita a Brescia.

GIUDIZIO CRITICO- Elisabeth Kaehlbrandt, di stirpe alto-borghese, generata nel 1880 a Riga in Lettonia, da una coppia tedesco-polacca, con parenti pastori evangelici, ha familiarizzato con baroni, conti e principi tedeschi fino all’età di 28 anni, soggiornando nei loro castelli e dipingendo al loro servizio. Perciò la sua pittura è la pittura di una “gran signora”, nata e vissuta agiatamente in dimore con stanze e servitù per ogni necessità, che ha mal sopportato, poi, ogni volta i disagi contingenti e le ristrettezze economiche obbligate, così come ha male abitato in costruzioni periferiche (l’ultima a Bergamo, sebbene spaziosa 215 mq.).
Ha dipinto figuratività con perizia sperimentata e meditata, per rappresentare e illustrare scene di vita famigliare, luoghi conosciuti, fattezze di persone e personaggi con i quali ha avuto rapporti domestici o ravvicinati.
Tutto è esplicito e verosimile o rassomigliante nelle sue opere. L’allegoria bizzarra e la metafora ardita non le ha concepite, né espresse. La simbolizzazione l’ha iconografata con forme e cromie elementari. Tutto è political-correct nelle sue opere.
Nel suo rapporto con l’arte pittorica ha mantenuto costantemente rapporti simbiotici con la sua balticità aristocratica originaria, estrinsecandola compiaciuta e senza remore. Durante il periodo della vedovanza e durante la terza età, ha dipinto scene bibliche ortodosse e manierate, poco apprezzate dalla critica d’arte.
Concludendo è possibile scrivere che le sue opere ci risultano dipinte da una “signorabene” morta novantenne a Bergamo nel 1970, ex signorina di buona famiglia, ben educata e istruita, divenuta sposa nel 1909 di uno scultore italiano (Angelo Zanelli) in quel momento ben noto al “milieu” sociale, artistico e politico, discriminato e sottaciuto successivamente alla sconfitta del fascismo.

Written by rossiroiss

febbraio 27th, 2008 at 7:52 pm

Enzo Rossi-Ròiss

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Diploma lettone

Per saperne di più cliccare www.rossiroiss.it

Written by rossiroiss

febbraio 25th, 2008 at 1:24 pm

Niklavs Strunke

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Niklavs Strunke (1894-1966), considerato dai critici d’arte connazionali il più lettone dei pittori del ‘900, ha trascorso la maggior parte della sua vita a Roma, soggiornando anche a Firenze, Sorrento, Capri. Tanto che gli attribuiscono questa frase: “Se non posso dipingere Lettonia, dipingo Italia, siccome a me, vecchio romantico di Riga, è molto vicina”. E’ sepolto nel cimitero acattolico del Testaccio, con un simbolo lettone scolpito nel marmo bianco che la contraddistingue.
Visitò l’Italia per la prima volta nel 1924, dopo aver conosciuto il futurismo italiano tramite un gallerista/scrittore (un certo Vasari) incontrato a Berlino. Ebbe subito per amico il pittore marchigiano Ivo Pannaggi (1901-1981), successivamente vissuto a lungo a Copenaghen, col quale dipinse “astrattismo geometrico”, raffigurandolo in un “ritratto” monografato a Riga nel 2002 da Dzintra Andrusaite, come opera del 1924, post-mortem di entrambi.
Le sue opere non sono immediatamente riconoscibili, perché il loro autore non si è dato uno stile, poiché ha dipinto e disegnato tanto e di tutto. Metabolizzando e usando tutto il “sapere” che è riuscito ad assimilare per dare forma e contenuto pertinenti alla specialità della idea che di volta in volta lo ha “intrigato”. “Senza impiastricciarsi di teorie o abbracciare bandiere”, è stato scritto di molti pittori della sua “categoria”: talentosi artigiani, più che artisti.
In principio ha riproposto estetismi lettoni, successivamente ha lettonizzato estetismi “esotici” che lo hanno occasionalmente appassionato come emulo o epigono, nelle occasioni in cui ha anche pensato usando la sua “bella mano” creatrice.
Il corpus delle sue opere lo documenta, perciò, come individuo creativo capace, versatile e polimorfo, gregario più che leader: produttore eclettico e disinvolto di scenografie e costumi teatrali, ex libris, illustrazioni e copertine per libri, ritratti e autoritratti, sia dipinti che disegnati, acquerelli, piatti in porcellana, vetrate, figuratività popolare o popolaresca, coeva ad altra figuratività elitaria e aristocratica.
Quasi certamente ha incontrato ad Anticoli Corrado, località laziale per villeggianti, durante un soggiorno estivo, la pittrice lettone Elisabeth Kaehlbrandt moglie dello scultore italiano Angelo Zanelli. Ed è possibile supporre che abbia incontrato a Roma anche Edita Walterowna, altra pittrice lettone in rapporto di coppia col pittore e intellettuale italiano Mario Broglio, molto attiva e ben considerata. (Brano estratto dal libro “Mondo lettone made in Italy” di Enzo Rossi-Ròiss – QuattroVenti Edizioni Urbino 2007)

Written by rossiroiss

febbraio 25th, 2008 at 1:19 pm

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NATA IN LETTONIA NOTA IN ITALIA

Lolita a PorrettaLolita a Urbino

Art. Carlino

LOLITA TIMOFEEVA assume notorietà artistica con tale nome e cognome in Italia, proveniente da Riga, sconosciuta e senza alcuna esperienza espositiva all’attivo, neanche del tipo collettivo scolastico o unione degli artisti.
Nasce Lolita Jaskina, secondogenita tra due fratelli, a Riga (Lettonia) il 4 febbraio 1964: l’anno dell’ascesa potere di Leonid Breznev. Il padre Micail è un marinaio bielorusso di Mozyr, tecnico di bordo diplomatosi all’Istituto Nautico di Riga, frequentemente assente perché in navigazione. La madre Raissa è una casalinga in dimestichezza con l’arte culinaria, tanto da privilegiarla come attività lavorativa retribuita. Dando credito al detto “nel nome il destino”, l’esistenza le riserva “rose e dolori”: poiché il nome Lolita deriva dal nome Dolores.
Compie studi scolastici russofoni a Riga, primari e secondari, fino al conseguimento del diploma di stilista calzaturiera presso un istituto tecnico (1984). Poi intraprende gli studi superiori presso l’Accademia del Design a St.Pietroburgo (1984-88) e Mosca (1988-90). A Mosca frequenta l’atelier del pittore Serafim Golofev, e sposa Juri Timofeev, ricognomandosi Timofeeva. Alcune intemperanze caratteriali dello sposo la conducono, però, a porre termine drammaticamente al matrimonio, col ritorno a Riga, il divorzio e l’interruzione degli studi superiori.
A Riga lavora come stilista calzaturiera, e frequenta il corso propedeutico della Accademia di Belle Arti.
Nel 1991, anno dell’indipendenza della Lettonia da Mosca (21 agosto), giunge in Italia per sposare un operaio metalmeccanico di origine lucana, Emanuele Noviello, con casa a Monterenzio, attività lavorativa a Ozzano in provincia di Bologna, viaggio di nozze a Matera. Lo ha conosciuto durante una vacanza sul Mar Nero l’anno prima. Giunge in Italia con nella valigia tutta la sua esperienza di stilista calzaturiera, tanti disegni per i calzaturieri italiani più noti, le ambizioni di pittrice dotata e volitiva, il desiderio di fuga dai disagi del regime sovietico e tante prefigurazioni degli agi europeoccidentali. Si converte dalla religione ortodossa a quella cattolica per sposare il metalmeccanico italiano nella chiesetta di S.Maria di Zena santuario del Monte delle Formiche, territorio collinare bolognese. “Il Resto del Carlino” notizia tale matrimonio titolando: Luna di miele in pieno golpe – Lui di Monterenzio, lei nata in Lettonia, ( 5 settembre 1991).
Nel 1993, anno delle prime elezioni democratiche della Saeima (il parlamento lettone), acquisisce la cittadinanza italiana, con relativi passaporto e certificato elettorale, e dà inizio alla sua attività espositiva nella sala di una libreria a Bologna, in duo con un’amica russa (architetto), Elena Arkipova. Espone opere nelle quali risulta evidente l’insegnamento sovietico, accademico e formale, degli “ismi” pittorici europeoccidentali ritenuti compatibili con l’ideologia  al potere nell’URSS. Opere che raffigurano paesaggi lettoni, composizioni di oggetti d’uso comune locale, figure d’uomini e donne connazionali, interni domestici ed esterni proletari, ruralità eterogenea.
Ha così inizio il suo rapporto con il cosiddetto “mondo dell’arte” e il suo indotto. Il matrimonio italiano si concluderà con la separazione e il divorzio, appena acquisita la cittadinanza italiana, per l’inadeguatezza culturale dello sposo, associata a incompatibilità caratteriali insanabili. ”Il più stupido dei miei matrimoni”, dirà poi a chi glielo ricorderà. La sua abitazione di single assume a Bologna le caratteristiche dell’atelier artistico: uno spazio di felicità  tra illusioni e delusioni, vittorie e sconfitte.

Nel 1994 allestisce la sua prima mostra personale a Ravenna, nelle sale della Galleria “Il Patio”, inaugurandola il 4 febbraio, giorno del suo 30° compleanno. Espone opere dipinte dopo l’esposizione nello spazio del Museo Alternativo “Remo Brindisi” al Lido di Spina/Ferrara (Settembre 1993) in duo con l’Arkipova, nelle quali iconizza il suo immaginario raffigurandolo con intriganti “Trasfigurazioni”.
In un mio testo, scritto per “presentarla”, si può leggere: Non è una pittura naturalistica quella della Timofeeva. Le sue forme sono simboliche. I dettagli non sono precisati fotograficamente. Rifugge il geometrismo. Perché è una pittura che inclina al simbolismo più che al naturalismo, al fantastico più che al reale, all’onirico più che al coscienziale.
A questo punto, il più è fatto. L’evento espositivo ravennate rafforza il suo radicamento in Italia con casa/atelier a Bologna, dove comincia a risiedere stabilmente, recandosi periodicamente a Riga per incontrare i suoi famigliari, e per allestire due mostre personali: Galeria Rigas Vini (1-15 giugno 1996), Arzemju Makslas Muzejs (11.05 / 11.06 2001).
Durante gli anni successivi le sue esposizioni si susseguono, sia in Italia che all’estero, testimoniando la sua emancipazione artistica in progress, e la sua maturazione culturale, con prestigiose pubblicazioni e una lusinghera eco massmediatica localizzata. Con qualche “flop”, come le esposizioni (alla resa dei conti clandestine) allestite nella Sala Europa 92 del Centro Ippico Pavarotti (3-28 aprile 1999) e nell’espace “Rdc couloir”- batiment ASP del Parlamento Europeo a Bruxelles (30 settembre-5 ottobre 2002), ignorate dai massmedia e disertate dai visitatori.
La sua scheda elenca numerose esposizioni personali e collettive, in sedi prestigiose e spazi surroganti, con alcune presenze di opere in collezioni museali pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.
Una esposizione delle tele dipinte ad hoc ed estemporaneamente per un “insieme” intitolato “Anatomia di Firenze”, destinato alla ingenua amatorialità ben redditata dei membri moscoviti di una “Società Fiorentina” in salsa russa, l’ha realizzata a Mosca nel 2004 nella Biblioteca di Letteratura Straniera (12 febbraio / 4 marzo), collateralmente alla presentazione di alcuni libri, per favorirsi un ritorno occasionale nell’utero scolastico russofono della sua giovinezza: proveniente dal benessere artistico e consumistico europeoccidentale conseguito, memore del malessere intellettuale ed economico sovieticorientale sperimentato durante gli anni ’80 del sec.XX°.
Ha eseguito disegni che sono apparsi pubblicati in due libri di poesie: Pendant la féte, tu sera la belle di Enzo Rossi-Ròiss (Iles Célèbes, Geneve 1995) in duo con Alain-Pierre Pillet edito da Sintesi (Bologna) - L’avventura della dualità di Mario Luzi (Caffè Giubbe Rosse, Firenze 2003.

GIUDIZIO CRITICO – Lolita Timofeeva è giunta in Italia nel 1991, artisticamente autodidatta, tutto ignorando del cosiddetto “sistema dell’arte”, relativo alla promozione artistica, e con una conoscenza scolastica dell’arte, moderna e contemporanea acquisita visitando i musei sovietici e osservando le riproduzioni nei libri d’arte dell’editoria made in URSS. Vi è giunta con nessuna esperienza espositiva nei suoi luoghi di origine e di educazione culturale: determinata a infrangere la sua identità culturale inequivocabilmente “sovietica” e realizzare la sua emancipazione sociale e artistica. Il viaggio in Italia lo ha intrapreso, quindi, come un’avventura, predisponendosi a patire gli eventuali disagi iniziali del matrimonio cattolico con un uomo italiano, culturalmente e socialmente inadeguato a favorire la realizzazione delle sue ambizioni e la sua promozione sociale e artistica.
All’attività espositiva ha dato inizio autarchicamente, nella saletta mercenaria di una libreria a Bologna, incontrandomi ventiquattro ore prima dell’inaugurazione (11 febbraio 1993): determinata a promuoversi in luoghi abitati da una committenza artistica benestante.
Poi è stato un susseguirsi di esposizioni personali e collettive, in gallerie private e luoghi pubblici, oltre che in alcune fiere dell’arte, convenientemente “presentate” da critici d’arte, scrittori e poeti illustri, puntualmente notiziate da giornali e riviste. Fino al 1997, anno in cui ha rappresentato ufficialmente la Repubblica di Lettonia alla XLVII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, da me prescelta e promossa nel ruolo di Commissario e critico presentatore nel catalogo ufficiale.

La Timofeeva l’ho accreditata e promossa: realizzando tutte le sue esposizioni personali e collettive fino al 1999; curando tutte le sue presenze in Artefiera (Bologna) ininterrottamente dal 1995 al 1999, nella Miart (Milano) 1996, nella Europart (Ginevra) 1996 e 1997, in Veneziarte (Venezia) 1999; scrivendo numerosi testi critici e letterari, e sollecitando la scrittura di altri testi d’altri Autori miei conoscenti. Fino a che non ha considerato opportuno autopromuoversi, convinta di avere imparato a suscitare interesse autonomamente, non supportata dalla promozione di promoters dotati di conoscenza e conoscescenze specifiche: stimandosi sufficientemente istruita e idonea a far ciò percorrendo vie “amicali” e accompagnandosi a mentori che il sistema dell’arte considera “corpi estranei” ininfluenti e “tutors” parassitari
Si è data, così, visibilità mondana e massmediatica, come protagonista solitaria di eventi espositivi estemporanei “una tantum” in spazi marginali o surroganti (sebbene aulici, in alcuni casi), supportata da scrittura critica gregaria e occasionale, discriminata dagli addetti ai lavori in dimestichezza con la scrittura critica leader. Opportunisticamente “assessorata” (in alcune occasioni), oppure in esposizione con altri artisti etereogeneamente insiemizzati da critici d’arte curatori di mostre con titolazioni velleitarie onnicomprensive. Sperimentando, così, il depotenziamento massmediatico e il ridimensionamento esegetico, dopo avere sperimentato il contrario: poichè notiziata ogni volta soltanto in loco da cronisti agiografi, tuttoscriventi sterili sprovvisti di sapienza esegetica.
Analizzando i cataloghi delle esposizioni già realizzate dal 1993 al 2006, si può rilevare la mutazione stilistica che ha caratterizzato le sue opere, tanto ci risulta variegata la loro fisionomia. Con una identità psico-sociologica-culturale plurima: lettone per quanto riguarda il luogo di nascita, russa per quanto riguarda la lingua e l’educazione scolastica, italiana per quanto riguarda l’emancipazione ed evoluzione artistica. Ragion per cui è possibile etichettarla pittrice eclettica, polimorfa e proteiforme, nomade per quanto riguarda gli stimoli creativi ai quali si è accampagnata e le poetiche già espresse, priva di uno stile personale riconoscibile.  Poiché una genetica discontinuità caratterizza i suoi cicli creativi, per quanto riguarda l’invenzione formale, la poetica prevalente e ricorrente, il peso della carica simbolica e la vastità dell’area metaforica. E perché il cosiddetto “mestiere del dipingere” lo ha appreso frequentando gli ateliers di due artisti (uno a Mosca e l’altro a Riga), più che le aule e gli atelieurs d’una Accademia di Belle Arti. Apprendendo il resto autodidatticamente visitando i musei, leggendo libri e rapportandosi a persone ricche di conoscenza specifica e conoscenze prestigiose.
Tanto da meritare di essere annoverata subito tra gli “individui creativi di talento” con le opere del ciclo “Trasfigurazioni”, dipinte in Italia durante gli anni 1993-94, dopo le “Raffigurazioni” scolastiche o accademiche dipinte in Lettonia. Inanellando successivamente prestigiosi e significativi riconoscimenti “critici” con le opere del ciclo “Allegorie”, che ha poi “concettualizzato” ridipingendole in frammenti variamente componibili in puzzle, ma singolarmente autonomi e conclusi per quanto riguarda la struttura formale e il contenuto poetico. (Con l’esposizione di tali opere ha esordito nella Artefiera 1995, e si è meritato l’invito a rappresentare la Repubblica di Lettonia nella XLVII Biennale di Venezia 1997).

La Timofeeva è considerata, attualmente, artista virtuosa nel concepire e realizzare mimesi iconiche e aniconiche con apporti di stilemi storicizzati e museificati, capace di simulare accademicamente forme e contenuti artistici di volta in volta simbiotici o più convenienti e remunerativi: fallosamente fiduciosa, però, nella propria abilità autopropositiva (errori di calcolo !?) e nella personale versatilità operativa (errori di presunzione!?) al limite dell’autolesionismo etico ed estetico inconsapevole. Come e quanto un’attrice teatrale sperimentata, capace di simulare sentimenti e comportamenti finalizzati alla resa scenica immediata, prescindendo dalle disapprovazioni considerate negatività contingenti.
Le opere più originali che ha ideato e realizzato, però, fino all’anno in cui scrivo, sono quelle che costituiscono il ciclo “Kama” (dipinti, sculture in vetro e bronzo, opere grafiche): una straordinaria raffigurazione del mondo dei sensi esplorato godendo senza remore un rapporto di coppia intellettuale e passionale, totale e totalizzante, destinato a rivelarsi ineguagliabile, perché vissuto intensamente nel momento in cui il fervore sentimentale l’ha pervasa in sintonia col fervore creativo.Si tratta di una trascrizione del Kama Sutra con immagini plastiche e pittoriche magistralmente eseguite, che emblematizzano l’amplesso amoroso goduto nei momenti in cui il suo desiderio ha mosso… passi decisi e veloci senza inciampare (parole di un poeta). Come ho scritto per le opere intitolate “Kama”, nel ruolo di esegeta “ab origine”.

(Dal libro “Mondo lettone made in Italy” di Enzo Rossi-Ròiss, Edizioni QuattroVenti Urbino 2007)

Written by rossiroiss

febbraio 21st, 2008 at 8:29 pm

Andrea Crocioni

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    E’ nato nel 1944  a Bologna, dove risiede.  Esercita la professione di Dottore Commercialista:  laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Bologna a pieni voti  (110/110), con una tesi di politica economica incentrata sullo studio di sistemi matematici di previsione economica e di programmazione.         Subito dopo la laurea, è stato assistente volontario dell’Istituto di Politica Economica. E’ iscritto nell’Albo dei Dottori Commercialisti di Bologna dall’anno 1974 ed al Registro dei Revisori Contabili (già Ruolo dei Revisori dei Conti) dal 1981. Prima di essere iscritto nell’Albo dei Dottori Commercialisti, ha assunto responsabilità dirigenziali ed amministrative presso i  Cantieri del Pardo, che ha avuto come attività la costruzione di imbarcazioni da diporto a vela di alto livello qualitativo, e la Bega Arredamenti S.p.a., che ha operato nel settore della  costruzione di arredamenti su commissione. Inoltre, in concomitanza con il conseguimento della laurea, o subito dopo, nel 1969, insieme ad un altro ricercatore, ha pubblicato, a cura della Provincia di Bologna, il libro intitolato “Il valore aggiunto in Emilia Romagna dal 1951 al 1967”.
    Velista e navigatore di buon livello, ha navigato con la sua barca in tutto il Mediterraneo, che conosce profondamente, anche uscendo dagli stretti sia del Bosforo, per giungere nel Mar Nero, sia di Gibilterra per l’Oceano Atlantico, raggiungendo la città di Siviglia, attraverso la risalita in barca del Guadalkivi. Da giovanissimo è stato, anche, trombettista jazz di buon livello, buon amico ancora oggi dei suoi colleghi musicisti di allora, fra i quali annovera Lucio Dalla, Checco Coniglio e Nardo Giardina
    E’ stato Consigliere Comunale di Bologna, nel gruppo di Forza Italia, durante il mandato del Sindaco Giorgio Guazzaloca,  ricoprendo la carica di Presidente della Commissione Consiliare Sanità e Sicurezza Sociale, con unanime apprezzamento.  
    Attualmente svolge a tempo pieno la professione di Dottore Commercialista, con clienti importanti, anche domiciliati lontano dalla sua città di residenza e di lavoro. Il suo studio professionale è collocato nel pieno centro di Bologna, all’ultimo piano di un fabbricato di grande prestigio, con splendida vista per guardare  le colline, i tetti e le torri della Città di Bologna.

Written by rossiroiss

febbraio 13th, 2008 at 8:25 pm