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Archive for aprile, 2016

DEL CARNEVALE DI VENEZIA IN UN DOCU-FILM DI ANNY CARRARO PROIETTATO A RIGA IN LETTONIA

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Concomitante con l’expo FOTODOKUMENTI di Ilze Jaunberga nello Happy Art Museum (finissage il 30 aprile 2016), l’Associazione Culturale Italo-Baltica ha promosso a Riga  in Lettonia, il docu-film di Anny Carraro intitolato ”Il carnevale di Karin” (Karin’s Carnival) con alcune proiezioni private in ateliers d’artisti, auspicando la sua proiezione in cineclub e sale pubbliche. Lo stesso docu-film che è stato proiettato nella Sala Zorzi del Palazzo del Cinema al Lido di Venezia il 30 agosto 2008, giorno ufficiale della 65esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
A una domanda specifica, Anny Cararo ha risposto: Di me vorrei che si dicesse che sono una documentarista indipendente. Osservo Venezia da “insider”, con un approccio molto soft, e raccolgo materiale per anni prima di realizzare i miei documentari, che poi porto in giro per il mondo, cercando di mostrare una Venezia fuori dal solito cliché. Giro con videocamere Sony, 150P (un mito!), e ultimamente in HDV. Sto ultimando la produzione del “Casanova sconosciuto”.
Ogni proiezione in Lettonia e stata preceduta dalle lettura, con traduzione simultanea, di un testo di presentazione scritto da Rebecca Rossi, riprodotto parzialmente qui di seguito.

IL CARNEVALE DI KARIN
un documentario di Anny Carraro

I 2007, DVCAM, colour, 46 minutes, Format: 4/3
Editing System: AVID X-Press: italiano/tedesco/francese sottot. inglese/italiano

La mattina chiara e tersa che snocciola l’arrivo dei primi turisti, la piazza affollata a mezzogiorno, il tramonto a passeggio per le calli e la notte deserta e ovattata della laguna. “Il Carnevale di Karin” non è solo un documentario girato in digitale e con il sonoro registrato in presa diretta sull’evento più famoso dell’anno della città di Venezia. È una carrellata su tutte le sue luci, i suoi colori e la sua fisiologia. Il Carnevale è come un gigante buono delle favole che a poco a poco si sveglia, ha l’incedere lento tipico di chi vive in una città fatta di stradine strette e zeppe di gradini che spezzano il passo, poi rivela tutta la sua vitalità e alla fine, come tutti, si riaddormenta. Venezia è così tutti i giorni, ma soprattutto durante il Carnevale e Anny Carraro ne racconta ogni momento con grazia e pazienza: il rituale d’apertura con il volo dell’angelo dal campanile di San Marco, la kermesse variopinta dei dieci giorni di festa, gli spettacoli nei campielli, il festival della poesia erotica della storica Compagnia de Calza, personaggi d’altri tempi e gente comune, in un trionfo di tessuti, decorazioni e colori. Non a caso la protagonista è Karin, ordinariamente impiegata di banca a Monaco di Baviera, qui straordinariamente trasformata in una damina del ‘700, che conduce lo spettatore alla scoperta del Carnevale: dall’immancabile incontro al Caffè Florian con i suoi amici mascherati provenienti da ogni parte del mondo, che qui si danno appuntamento di anno in anno, alle sfilate in gondola e sul palco in Piazza S. Marco, dalle feste nei nobili palazzi veneziani, fino al solenne “giuramento” finale. Ad accompagnarla, alcuni personaggi, tra i quali un anziano messere della ex Germania orientale e uno scrittore francese che scrive su Venezia, tutti alla ricerca di qualcosa che va oltre la finzione della maschera.

Written by rossiroiss

aprile 29th, 2016 at 6:47 am

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DELLA LETTONIA MONUMENTALIZZATA DA UN “CASTELLO DELLA LUCE” DIAGRAMMOMORFO COSTRUITO A RIGA PROSPICIENTE LA CITTA’ VECCHIA

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Il Castello della Luce dipinto da Ilze Jaunberga: esposto a Venezia nel 2009, in concomitanza con la Biennale d’Arte Internazionale nella Chiesa San Maurizio del Museo Diocesano.

A Riga, durante uno dei miei numerosi soggiorni, col Castello della Luce alle mie spalle in lontananza

Il Castello della Luce al di là del fiume Daugava a Riga in Lettonia, prospiciente la riva destra sulla quale fu dato inizio nel 1201 alla costruzione della Città Vecchia, non è un Castello, ma un Palazzo alto 66 metri: così come sono Palazzi le residenze, nomate “castelli”, edificate e abitate nel territorio lettone dai Baroni Baltici, comprese le residenze ducali curlandesi di Rundale e Jelgava (l’antica Mitau). E’, quindi, un palazzo moderno diagrammomorfo, progettato da Gunnar Birkerts, che ha la parvenza anche di Montagna di Vetro emersa dalle acque del fiume sul quale si affaccia, nel quale è insediata la Biblioteca Nazionale (Latvijas Nacionala Biblioteka) con 5,5 milioni libri editi durante i secoli XIX e XX (comprensivi di 47.000 edizioni rare e manoscritti), infrastrutturata per lo svolgimento anche di attività multimediali. Un Castello della Luce emerso come nella leggenda popolare narrata, poetata e musicata dagli artisti lettoni: tra i più illustri Rainis (Janis Plieksans 1865-1929) poeta e autore di opere teatrali (“Il cavallo d’oro – Zelta zirgs”, “Il fuoco e la notte – Uguns un nakts”) e Andrejs Pumpurs (1841-1902) autore di canzoni popolari e di un poema (“Lacplesis – Uccisore dell’orso”): dotato di carica simbolica pesante, predestinata ad esplodere in un’area metaforica molto vasta, devastando l’oppressione dell’ignoranza per dare humus alla libertà del sapere: un tempio laico della cultura nazionale, fomentatore di una ulteriore crescita sociale e culturale del popolo lettone. Materializzazione del Castello della Luce leggendario che risulta descritto come edificio simbolo della saggezza e del buon governo, sprofondato nell’acqua a causa della occupazione territoriale e della oppressione sociale e culturale del popolo originario lettone, operata da uomini armati al servizio della Chiesa Cattolica evangelizzatrice, del Re di Svezia e poi dell’URSS durante sette secoli fino al 1991. Tale Castello della Luce (costruito con il “fine lavori” datato 2012, dopo la posa della prima pietra datata 20 giugno 2008), è stato concepito come Emblema nazionale, dopo la riconquista dell’indipendenza politica e la riconquista delle libertà individuali. Risultando disapprovato da chi ha contestata la sua edificazione, considerandola dispendiosa e non prioritaria rapportata ai bisogni più urgenti della cittadinanza disagiata dalla crisi economica. Disapprovato perché costoso 200 milioni di euro: preventivati comprensivi delle tangenti che sono state sospettate come benefit pro politici al potere nel periodo della sua progettazione e del suo finanziamento. Ha una forma monumentale col lato più corto che s’inerpica come il lato roccioso di una montagna e il lato più lungo che scoscende come il declivio di una collina. L’insieme risulta multifacciale e vetroso: nel senso che ha quattro facciate quasi totalmente vetrose, diversamente connotate formalmente per chi lo esamina adottando un punto di vista rotante, con una singolare visione per il punto di vista a volo d’uccello. Helena Demakova, che ha fortemente voluto la sua realizzazione, a futura memoria di se stessa Ministro della Cultura dal 2003 al febbraio 2009, ha presenziata la cerimonia della posa della prima pietra con mani intrecciate e volto pensieroso paventando la non presenziazione della posa dell’ultima pietra (come è poi accaduto).

Written by rossiroiss

aprile 21st, 2016 at 10:52 am

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SUGGESTIONI & LIBERTA’ DI ILZE JAUNBERGA – LICENZIOSITA’ & PIACEVOLEZZE DEL CARNEVALE A VENEZIA

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HAPPY ART MUSEUM A RIGA IN LETTONIA

16 aprile 2016 vernissage ore 18 /finissage 30 aprile 2016

Nel Teatro La Fenice a Venezia

Assecondando i suoi occhi, Ilze Jaunberga ha scelto e scattato ripetutamente deambulando a Venezia, non soltanto in Piazza San Marco, durante i giorni del Carnevale 2016. Con intenzioni documentarie, anziché artistiche. Ha concepito e prodotto docu-foto, quindi, più che semplicemente foto. Documenti fotografici del carnevale veneziano costituito da figuranti proletari, quindi. Illustrazioni del carnevale diurno, sceneggiato e scenografato in calli e campi free entrance, diverso dal carnevale notturno messo in scena nel chiuso dei palazzi storici e degli hotels pluristellati accessibili pagando ticket esosi con indosso costumi costosi d’antan.

Immagini catturate tramite l’obiettivo di una fotocamera, intenzionata ad esibirle, poi, come opere visive, reperti di ciò che i suoi occhi hanno scelto e privilegiato: tutte refrattarie agli estetismi della carnascialità lagunare pro tour operator, disdegnando il soccorso degli artifici ottici o cromatici.

Chiunque può approvarle, oppure disapprovarle: negando loro ogni peculiarità artistica fotografica, oppure riconoscerle meritevoli di lodi e attenzioni intellettuali.

Al cicisbeismo settecentesco casanoviano delle damine e dei damerini non risulta rivolta alcuna attenzione prioritaria o privilegiata. Poiché la Jaunberga è una pittrice “in primis”. Una individualità creativa inconsapevolmente patafisica, attratta naturalmente dall’immaginario stravagante autarchico della haute couture casalinga realizzata con le proprie mani.

La pittrice lettone ha fotografato mascheramenti eterodossi, assemblati utilizzando materiali poveri eterogenei, in alcuni casi, anziché mascheramenti ortodossi simil-settecenteschi casanoveggianti.

Altri hanno fotografato e documentato damine in abiti baroccheggiati, impegnate a bere Coca Cola nei salottini del Caffé Florian. Oppure i tanti accoppiati di ogni età, abbigliati da costumi sotto o sopra misura noleggiati per la cosiddetta bisogna, finti aristocratici carnevalizzati da positure e gestualità plebee tipiche di chi esibisce lo status del parvenus. Con tanti simil casanova parruccati e incipriati occupati a manipolare smartfon.

Perciò ha senso questa expo. Prosit !
(Enzo Rossi-Ròiss)
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ILZE JAUNBERGA protagonista di una lunga intervista radiofonica in lingua lettone:

http://lr1.lsm.lv/lv/raksts/monopols/gleznotaja-ilze-jaunberga.a66756/

Written by rossiroiss

aprile 5th, 2016 at 11:00 am

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